lunedì 16 dicembre 2019

IL SAPONE AI TEMPI DEL COLERA (ovvero quando il sapone può salvare un matrimonio).


Foto mia

Articolo preccedente: http://www.mimancanoifondamentali.com/2019/12/leternita-dei-ricordi.html


Sto rileggendo dopo tantissimi anni L'AMORE AI TEMPI DEL COLERA di Gabriel Garcìa Màrquez; un libro che ho adorato da subito (come non adorarlo del resto) ma come sapete tutti, il tempo sbiadisce i ricordi e molte parti, mi sto accorgendo, proprio non le ricordavo in particolare una che vi vado a riscrivere paro paro e che riguarda il SAPONE... ebbene sì proprio il sapone cosa che ho trovato di assai buon auspicio vista e considerata la mia recente attività di artigiana del sapone. Vuole essere un buon augurio per me e per coloro che casomai si imbattano nelle mie produzioni artigianali; l'importante però è che non facciate come il dottor Urbino e Fermina... se vi mancasse il sapone, mi raccomando, piuttosto ditemelo!! Buona lettura buon divertimento e buona meditazione perchè queste sono perle di vita e di saggezza e c'è comunque, tanta, tanta poesia in queste pagine.

"Era cominciato con la semplicità di sempre. Il dottor Juvenal Urbino era tornato in camera da letto, ai tempi in cui si lavava ancora senza aiuto, e aveva incominciato a vestirsi senza accendere la luce. Lei stava come sempre nel suo tiepido stato fetale, gli occhi chiusi, il respiro sottile,e quel braccio da danza sacra sulla testa. Ma stava mezz'addormentata, come sempre, e lui lo sapeva. Dopo un lungo rumore di amidi di lino nell'oscurità, il dottor Urbino aveva parlato tra sé: "E' quasi una settimana che mi sto lavando senza sapone" disse.
Allora lei aveva finito di svegliarsi, si era ricordata, e si era arrabbiata con il mondo, perchè in effetti aveva dimenticato di mettere il sapone in bagno. Ne aveva notato la mancanza tre giorni prima quando stava già sotto la doccia e aveva pensato di metterlo dopo ma poi se n'era dimenticata fino al giorno seguente. Il terzo giorno le era successa la stessa cosa. In realtà non era passata una settimana, come diceva lui per ingigantirle la colpa, ma di certo tre giorni imperdonabili, e la furia di sentirsi sorpresa in errore aveva finito per tirarla del tutto fuori dei gangheri. Come sempre, si era difesa attaccando: 
"Ma se mi sono lavata in tutti questi giorni" aveva gridato fuori di sé , "e c'è sempre stato sapone."
Benchè lui conoscesse abbondantemente i suoi metodi di guerra, stavolta non aveva potuto sopportarli. Con un pretesto professionale se n'era andato a vivere nelle stanze per interni dell'Ospedale della Misericordia e compariva in casa solo per cambiarsi d'abito all'imbrunire , prima delle visite a domicilio. Lei se ne andava in cucina quando lo sentiva arrivare, facendo finta di fare qualsiasi cosa, e lì restava finchè sentiva per la strada lo zoccolìo dei cavalli della carrozza. Ogni volta che avevano cercato di risolvere la discordia nei tre mesi seguenti, l'unica cosa che avevano ottenuto era stata di attizzarli di più. Lui non era disposto a tornare finché lei non avesse ammesso che non c'era sapone in bagno, e lei non era disposta ad accoglierlo finché lui non avesse riconosciuto di aver mentito apposta per tormentarla.


Il mio sapone alla lavanda sono certa avrebbe messo d'accordo il dottor Urbino e Fermina!! (foto mia)

L'incidente, certo, le aveva dato l'opportunità di evocare altri, molti altri minuscoli battibecchi di altrettante mattine torbide. Alcuni risentimenti avevano rimestato gli altri, avevano riaperto vecchie cicatrici, le avevano trasformate in nuove ferite, e tutti e due si erano spaventati constatando desolati che in tanti anni di lotta coniugale non avevano fatto molto di più che pascolare rancori. Lui era arrivato a proporre di sottoporsi insieme ad una confessione aperta, con il signor arcivescovo se era necessario, perchè fosse Dio a decidere come arbitro finale se c'era o no il sapone nel portasapone del bagno. Allora lei, che aveva tante buone staffe, le aveva perse tutte con un grido storico:
"A merda il signor arcivescovo!"
L'improperio aveva fatto vibrare le fondamenta della città, aveva dato origine a chiacchiere che non fu facile smentire, ed era rimasto mescolato al linguaggio popolare con arie da zarzuela: "A merda il signor arcivescovo!". Conscia di aver passato il limite, aveva anticipato la reazione che si aspettava dal marito, e lo aveva minacciato di andarsene ad abitare da sola nella vecchia casa di suo padre, che era ancora sua, anche se era affittata a uffici pubblici. Non era una bravata: voleva andarsene davvero, non le importava dello scandalo sociale, e il marito se ne rese conto in tempo. Non ebbe il coraggio di sfidare i suoi pregiudizi: cedette. Non nel senso di ammettere che c'era sapone in bagno, perchè sarebbe stato un oltraggio alla verità, ma in quello di continuare a vivere nella stessa casa, seppure in stanze separate e senza rivolgersi la parola. Così mangiavano destreggiandosi nella situazione con tanta bravura da mandarsi messaggi da un lato all'altro del tavolo tramite i figli senza che questi si accorgessero che non si parlavano.
Dato che nello studio non c'era bagno, la formula aveva risolto il conflitto dei rumori mattutini, perchè lui entrava a lavarsi dopo aver preparato la lezione, e prendeva reali precauzioni per non svegliare sua moglie. Spesso coincidevano e facevano a turno per lavarsi i denti prima di dormire. Dopo quattro mesi, lui si era sdraiato a leggere sul letto matrimoniale finché lei usciva dal bagno, come spesso succedeva, e si era addormentato. Lei gli si era sdraiata a fianco con abbastanza negligenza perchè si svegliasse e se ne andasse. Lui si era svegliato a metà, in effetti, ma invece di alzarsi aveva spento la luce e si era accomodato sul suo cuscino. Lei gli aveva scosso una spalla per ricordargli che doveva andarsene in studio, ma lui si sentiva così bene di nuovo nel letto di piume dei bisnonni che aveva preferito capitolare:
"Lasciami qui" disse "Sì, c'era sapone".


Da "L'amore ai tempi del colera"
Oscar Mondadori
Traduzione Claudio M. Valentinetti





Enrica Merlo 16 dicembre 2019


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