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"Si diceva fosse nata sotto il segno della tempesta. Alcuni giuravano di aver visto il cielo squarciarsi nel momento in cui era venuta al mondo, altri raccontavano che il vento stesso l’avesse intessuta con fili di brina e fiato di gelo".
Aveva molti nomi. Nessuno era quello vero. La chiamavano Figlia della Neve, Regina dei Gatti, Strega Bianca. Ma il nome con cui lei si riconosceva lo aveva sepolto tempo addietro, quando aveva compreso una terribile verità: il mondo non amava coloro che portavano il fardello della diversità. Non amava chi camminava con passo felino, chi vedeva nel buio e sapeva ciò che gli altri ignoravano. Per sopravvivere, aveva dovuto cambiare pelle, adattarsi ai sussurri della gente, fingere di essere ciò che non era.
Ma a forza di mutare, a forza di nascondersi, aveva avuto paura di dimenticare chi fosse davvero, il suo nome. Solo Tirian, il suo gatto, conosceva la verità.
Lui l’aveva vista quando, bambina, aveva imparato a parlare con il vento. Quando, ragazza, aveva affrontato e vinto uomini con la sola forza del suo sguardo. Quando, donna, aveva lasciato che il mondo la chiamasse strega, pur di non piegarsi.
E fu proprio quando stava per obliare il suo essere, fu allora che il vento le portò la profezia. Non era scritta su antichi tomi, né pronunciata da sacerdoti in abiti dorati. No, arrivò come un sussurro tra i rami, come un battito d’ali di gufo a sfiorare la neve.
"Verrà il giorno in cui l’ombra tornerà. E solo chi avrà ricordato il proprio nome potrà fermarla."
Quella notte, Tirian la osservò a lungo, i suoi occhi d’oro più antichi della luna. Lei non dormì. Non parlò. Rimase immobile, il cuore che martellava come il passo pulsante di un esercito.
E fu allora che iniziò la trasformazione.
Non accadde in un lampo, né in un battito di ciglia. Fu un processo lento, come il fuoco che scalda la pietra finché questa non si spezza. Ogni notte, la sua pelle diventava più dura, i suoi sensi più acuti. Le sue mani si facevano più forti, la sua voce più profonda. Il suo nome le tornava in mente, sussurrato dalla neve.
E accanto a lei, Tirian cresceva. Non come fanno i gatti comuni. Il suo corpo si stava allungando, i muscoli diventavano possenti, il suo manto si fece spesso cuoio e criniera fitta come quella di un Re. Non era più solo un gatto, ma un leone antico, emerso da una leggenda dimenticata. La donna lo guardò e comprese. La profezia non parlava di una bestia da temere. Parlava di loro. E quando l’Ombra arrivò, quando la notte si squarciò per rivelare il mostro delle leggende, portatore di sciagura, morte e sventura non fu un esercito a fermarlo. Fu una Leonessa bianca con il fuoco negli occhi. E il suo Leone, ruggendo accanto a lei. Quella stessa Leonessa che aveva dimenticato il suo nome per nascondersi dallo scherno del popolo incolto e crudele.
Il suo vero nome era Selyne.
Era un nome antico, un nome di potere. Significava "colei che splende nella notte", ed era stato sussurrato dal vento il giorno in cui era nata. A furia di sentire i nomi che le erano stati attribuiti e a furia di nascondersi dietro di essi, Selyne aveva quasi dimenticato chi fosse davvero.
Ma il vento non dimentica.
E quando l’ombra tornò e la profezia si compì, lei ricordò. Si alzò nella notte, il suo sguardo finalmente fiero come quello di un autentico predatore, e sussurrò il proprio nome nel gelo delle tenebre.
«Io sono Selyne, figlia della tempesta.»
E il Leone accanto a lei ruggì orgoglioso, perché anche lui sapeva che, finalmente, era tornata a essere ciò che era destinata ad essere. ENTRAMBI erano tornati ad esserlo.
FINE
***
Campo primario e cruciale della lotta culturale tra l'assolutismo della tecnicità e la responsabilità morale dell'uomo è oggi quello della bioetica, in cui si gioca radicalmente la possibilità stessa di uno sviluppo umano integrale. Si tratta di un ambito delicatissimo e decisivo, in cui emerge con drammatica forza la questione fondamentale: se l'uomo si sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio.
Le scoperte scientifiche in questo campo e le possibilità di intervento tecnico sembrano talmente avanzate da imporre la scelta tra le due razionalità: quella della ragione aperta alla trascendenza o quella della ragione chiusa nell'immanenza. Si è di fronte a un aut aut decisivo. La razionalità del fare tecnico centrato su se stesso si dimostra però irrazionale, perché comporta un rifiuto deciso del senso e del valore. Non a caso la chiusura alla trascendenza si scontra con la difficoltà a pensare come dal nulla sia scaturito l'essere e come dal caso sia nata l'intelligenza. Di fronte a questi drammatici problemi, ragione e fede si aiutano a vicenda. Solo assieme salveranno l'uomo.
Attratta dal puro fare tecnico, la ragione senza la fede è destinata a perdersi nell'illusione della propria onnipotenza. La fede senza la ragione, rischia l'estraniamento dalla vita concreta delle persone.
(Papa Benedetto XVI - dalla Lettera Enciclica "Caritas in Veritate", 74)
Enrica Merlo
per
MI MANCANO I FONDAMENTALI
Sabato 15 marzo 2025
Hopla' eccomi in tutto il mio splendore stile Flashdance per farmi vedere 🤣🤣🤣 per fare vedere che #QuellaDonnaéunaLibraiamancata c'è ed è in piena salute ma molto presa. Contravvenendo alle mie leggi da lettrice vi ho già anticipato quale sarà il libro di cui vi parlerò a breve. Per ora un saluto da Enrica Merlo, dalla libraia e da #MIMANCANOIFONDAMENTALI cioè questo blog 🤣
Questo è il link della diretta su fb che però ATTENZIONE sparirà tra trenta giorni perché facebook ha deciso così ➡️ VIDEO (⬅️clicca)
Vi ricordo che questa petit diretta sparirà tra trenta giorni ma la ritroverete sul mio blog. Baci a tutti!! Ed ecco il video⤵️
L'Amore è il primo nutrimento di un bambino. Pur non essendo un qualcosa di tangibile, quando viene a mancare crea durante la crescita un senso tale di solitudine e di abbandono da fare sì che il bambino/a si chiuda sempre di più, che cerchi piuttosto compagnie immaginarie che reali. L'anaffettività genitoriale non è necessariamente sinonimo di violenza o trascuratezza quanto piuttosto mancanza di tutti quei gesti che danno calore al bambino, abbracci, parole di conforto tanto da fare sì che crescendo senta di non essere degno di essere amato, di essere esso stesso/a la causa di quell' atteggiamento da parte dei genitori, quindi scatta il meccanismo che porta il bambino a doversela cavare da solo a non dover mai chiedere aiuto; questo atteggiamento spesso continua anche durante l'adolescenza e la post adolescenza quando ad una richiesta di un consiglio il genitore dimostra fastidio, senso di seccatura. Ci sono dunque tutta una serie di frasi che il bambino cresciuto nell'anaffettività pronuncia anche e soprattutto da adulto anche se non se ne rende conto:
1) NON MI PIACE CHIEDERE AIUTO
Spesso chi ha avuto genitori emotivamente distaccati ha imparato molto presto a cavarsela da solo. Anche il gioco diventa un momento di isolamento in cui il bambino tende a trovare luoghi in cui nascondersi per sentirsi protetto. Una qualsiasi richiesta di aiuto, anche piccola, viene percepita come un segno di debolezza o come qualcosa che non verrà accolto e quindi porta il bambino/a ad un forzato senso di autosufficienza, assolutamente non normale per un infante.
2) NON MI SENTO MAI ABBASTANZA
L'assenza di riconoscimento emotivo o di un qualsiasi tipo di approvazione da parte dei genitori porta ad un livello di insicurezza estremamente elevato. Chi cresce con genitori anaffettivi ha spesso l'impressione di dover dimostrare, anche quando non ve n'è la necessità, di essere più "in gamba" degli altri per meritarsi l'amore e l'attenzione genitoriale.
3) NON MI PIACE PARLARE DI ME
Nasce una sorta di chiusura anche da grandi. Persone che apparentemente sembrano molto aperte e solari hanno la tendenza a parlare di "altro" o "altri" e poco di se stessi e dei propri bisogni. Spesso non dimostrano, anche se lo vorrebbero, l'amore, l'affetto o il trasporto verso le altre persone, faticando anche a dire un semplice ti voglio bene o un ti amo. Il bisogno di proteggere il mondo interiore solitario a cui ci si è abituati con gli anni diventa una barriera contro il possibile rifiuto o l'incomprensione da parte dell'altro.
4) SE MI AMANO PRIMA O POI MI ABBANDONERANNO
Se un bambino/a ha avuto una carenza o instabilità affettiva sviluppa un dolorosissimo timore di essere abbandonato/a, dai genitori prima e dai compagni dopo, generando rapporti spesso sbagliati e rimanendo attaccati a persone erronee per anni pur di avere quella parvenza di cura e amore che spesso invece è soltanto sfruttamento da parte di persone che percepiscono la debolezza del soggetto, e che quindi inevitabilmente tendono a trarne profitto. Prima o poi le relazioni finiscono (ma ci mettono molto poiché il bisogno di rendersi "degni" diventa sempre più forte nonostante il rapporto sia palesemente sbagliato) ma aumenta esponenzialmente anche la paura di non incontrare la persona che potrà darci quell'amore che in fondo ci era dovuto sin dalla nascita.